colgo silenzi

umbratili finestre sui ricordi
i più recenti arsi nel baleno
di rossi papaveri senza fosso.
Un notturno sereno attraversa
pozze di dolore in terra,
il sole oltrepassa spesse cortine
e si fa carezza il tepore nuovo.
Covo certezza che tutto torni pace
ma il senso della vita non torna,
dicono di attendere, temporeggio
contando sul silenzio partecipe.

Daniela Cerrato

misurando parole

L'indecisione lascia parole sul greto del torrente 
coi sassi non colti da bambina perchè  troppi
-le tasche scucite una sola volta
decretarono che ogni (s)oggetto ha un peso.
L'aria piena di sospiri e compromessi
per non aggravare di vita i vari intoppi
dal silenzio tracimano prepotenti flussi
che trovano ricovero fuori zona. Ognuno vive
o non vive in  eterno equilibrio mal riuscito.


Daniela Cerrato

schegge di tempo

C'è chi vìola silenzi finchè ha dita e lingua
distruggendo del passato il verticale che resiste
dopo forti venti.  Ma sono le rabbie comuni
 l'oro dei bi-sogni che luccica e rifrange,
il resto è vita che si deteriora,  tic tac frustrante
verso il mero pulviscolo cosmico cui apparteniamo.

Daniela Cerrato
foto personale elaborata

strategie

Il dio della guerra ospite fisso in tv
mira ai cuori come un amante tradito
vestito nell'intimo a stelle e strisce
circuisce egemoni mai assopiti.
Recita baldanza in  ipocriti miserere
destinati alla bestia più immonda
esperto nel diabolico doppiogioco
intenerisce il globo assassinandolo.

Non è più il tempo di lance e spade.

Daniela Cerrato

 War, or the Ride of Discord, 1894 Henri J.F Rousseau, (Le Douanier)

il grande impero

Severi ipogei custodi di storia
contano nicchie di grezzo tufo
tibie di mistero carezzate dal buio
crozze sbiancate dal vuoto orbitale.
Le voci dei morti sommano silenzio
raccordano passato al presente,
ogni iscrizione da interpretare narra
d' ogni vita il premio finale. È strano
come svanisca il timore sepolcrale
pensando ai vivi per modo di dire
illusi tra inesistenti paradisi
e inferni  assordanti di vanagloria.

*crozza=teschio in dialetto siciliano

Daniela Cerrato

iscrizione nelle catacombe di Parigi

poesie di Giovanni Giudici

Dal cuore del miracolo

Parlo di me, dal cuore del miracolo:
la mia colpa sociale è di non ridere,
di non commuovermi al momento giusto.
E intanto muoio, per aspettare a vivere.
Il rancore è di chi non ha speranza:
dunque è pietà di me che mi fa credere
essere altrove una vita più vera?
Già piegato, presumo di non cedere.

**

L’amore dei vecchi


In una gloria di sole occidentale
vaneggi, mente stanca:
inseguito prodigio non s’adempie
nell’aldiquà del fiore che s’imbianca
ma tu, distanza, torna a ricolmarti
tu a farti terra in questa ferma fuga
mare di nuda promessa
ai nostri balbettanti passi tardi
e tu, voce, rimani
persuàdici – un poco, un poco ancora
nostro non più domani,
usignolo dell’aurora.

**

Tempo Libero

Dopo cenato amare, poi dormire,
questa è la via più facile: va da sé
lo stomaco anche se il vino era un po’ grosso.
Ti rigiri, al massimo straparli.

Ma chi ti sente? — lei dorme più di te,
viaggia verso domani a un vecchio inganno:
la sveglia sulle sette, un rutto, un goccettino
— e tutto ricomincia — amaro di caffè.

_____

Giovanni Giudici (Porto Venere, La Spezia, 1924 – La Spezia 2011)

Tra i suoi saggi: La letteratura verso Hiroshima (1976), La dama non cercata (1985) e Per forza e per amore (1996). Tra le raccolte di versi: La vita in versi (1965), Autobiologia (1969, premio Viareggio), O Beatrice (1972), Il male dei creditori (1977), Il ristorante dei morti (1981), Lume dei tuoi misteri (1984), Salutz (1986), Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996), Eresia della sera (1999). L’intera opera poetica è raccolta nel volume I versi della vita (2000).

nero acquerello

Svestendo cipolle prevedi intolleranza
decidi il riparo agli occhi allontanando.
Folgori improvvise le emozioni
sciolgono a bruciapelo inferno e paradiso,
fortunati gli occhi senza bistro
non stingono dalla seconda lacrima
acquerellando nero sulle guance.
Un soffio mirato al viso dona quiete
fiori di camomilla su palpebre assuete.

Daniela Cerrato

pozzo e luna

Basterebbe tornare al nulla anagrafico
senza memorie riavvolgendo il tempo
fino all'ombelicale, deviando sul nascere
elementi disturbanti occhi e cuore
osservando prima il pozzo poi la luna.
Ricordare che il cielo è romantico seriale
mimetizza il fondo più nero col turchino
tuona poi volge a sereno mostrandosi.
La favola azzurra illude, ipnotizza fragilità
è ultravioletto da lenti scure  anche di notte,
il più sincero è il lato in ombra della luna
non indora le nere profondità dei pozzi.

Daniela Cerrato

Art by Hans Hofmann

far quadrare il cerchio

L'euforia era costante bambina
rincorreva la luce dei giorni
ne ritagliava i contorni
lasciava le paure alla notte
allontanandole con fiabe

-  ora cosa rincorriamo?

Notti vaghe avare di sogni
nervose, con strascichi d'insonnie
sull'artificio del giorno che incombe
per far quadrare il cerchio.

- Noi che col cerchio ci giocavamo
   ora vanifichiamo la sua perfezione

Daniela Cerrato

Fotografia di Hiroshi Watanabe