Dal cuore del miracolo
Parlo di me, dal cuore del miracolo:
la mia colpa sociale è di non ridere,
di non commuovermi al momento giusto.
E intanto muoio, per aspettare a vivere.
Il rancore è di chi non ha speranza:
dunque è pietà di me che mi fa credere
essere altrove una vita più vera?
Già piegato, presumo di non cedere.
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L’amore dei vecchi
In una gloria di sole occidentale
vaneggi, mente stanca:
inseguito prodigio non s’adempie
nell’aldiquà del fiore che s’imbianca
ma tu, distanza, torna a ricolmarti
tu a farti terra in questa ferma fuga
mare di nuda promessa
ai nostri balbettanti passi tardi
e tu, voce, rimani
persuàdici – un poco, un poco ancora
nostro non più domani,
usignolo dell’aurora.
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Tempo Libero
Dopo cenato amare, poi dormire,
questa è la via più facile: va da sé
lo stomaco anche se il vino era un po’ grosso.
Ti rigiri, al massimo straparli.
Ma chi ti sente? — lei dorme più di te,
viaggia verso domani a un vecchio inganno:
la sveglia sulle sette, un rutto, un goccettino
— e tutto ricomincia — amaro di caffè.
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Giovanni Giudici (Porto Venere, La Spezia, 1924 – La Spezia 2011)
Tra i suoi saggi: La letteratura verso Hiroshima (1976), La dama non cercata (1985) e Per forza e per amore (1996). Tra le raccolte di versi: La vita in versi (1965), Autobiologia (1969, premio Viareggio), O Beatrice (1972), Il male dei creditori (1977), Il ristorante dei morti (1981), Lume dei tuoi misteri (1984), Salutz (1986), Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996), Eresia della sera (1999). L’intera opera poetica è raccolta nel volume I versi della vita (2000).
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