Eternità è un brano composto da Giancarlo Bigazzi e Claudio Cavallaro, presentato a Sanremo nel 1970 da I Camaleonti e da Ornella Vanoni . Nel 1971 fu inserito come traccia dell’album Appuntamento con Ornella Vanoni. Del brano esiste anche una versione per il mercato sudamericano in lingua spagnola inciso sempre nel 1970 da Gabriella Ferri col titolo Eternidad.
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Cuori barricati
Ci giunse l’ultimo rintocco dagli automi
ad arrestare la congiunzione est ovest
che diametralmente all’opposto ci vide
fautori di amplessi mentali in anteprima,
sfatato ogni scusante vincolo d’impossibile
giungemmo a un futuro sequestrato
da noi stessi, nella lacerazione in cui
ci salutammo per assurde vite disgiunte.
e in quell’ultimo bacio ancora gli echi
di quel rintocco, poi l’impietosa realtà,
promessa di eternità lasciata fermentare
nei cuori barricati e uniti per sempre.
Daniela Cerrato, 2017
Automi di San Giusto, Trieste
A Igor Mitoraj
Anima incisa su volti di pietra,
residui di corpi scomposti
oltre la vita, freddi sguardi
di un’apocalisse fermentata
da secoli poi esplosa,
sbriciolati sogni, speranze, vite,
frantumati i templi del potere,
s’è compiuto il logico destino
tracciato dalle insane menti…
tutto ciò che resta è polvere
sgretolamento, ammasso disperso
e qua e là, intatti, i segni di una vita
che permeò sua bellezza in materia
d’indelebile eterna valenza, moniti
scagliati nello spazio come proiettili,
giunti ove sono riunite altre anime
che di bellezza vissero e si nutrirono.
Come idoli, espandono luce in un buio eterno
ove il vento d’anime li sfiora e li accarezza,
voglio credere sia questa l’agognata salvezza.
– Daniela Cerrato, 2017
Scultura di Igor Mitoraj – “Il Grande Sonno”
In cosmico silenzio
Eppure ancora esiste
quel pezzo di cielo nostro
proiettato nello spazio siderale
tra miliardi di corpi fluttuanti,
brillerà perennemente la nostra luce
accorpata nell’immortale poliedro,
testimone di splendido infinito
precisa immagine d’un peccato assolto;
noi resteremo là, a danzare in eterno
il walzer del cosmico silenzio,
come statue di ghiaccio cristallino
in un tempo senza estate o inverno.
Daniela Cerrato, 2017
Frederick Hart, “Prologue”, acrylic sculpture, 2000
Il suono del sistro
Parole interrotte, sillabe mute
strozzate dal bacio,
domina il cuore
in un silenzio fecondo,
indugi disciolti tra chiome slegate,
spalle ignude, seni offerti,
brivido trasmesso perdura
oltre il desiderio stemperato sulle labbra
in un tempo dilatato, senza arresto.
La carne esulta, l’anima vola
in dimensioni lontane, sfiora l’eternità
e nell’inebriante sinergia dei sensi
si ode il suono del divino sistro.
Daniela Cerrato, 2017
Nefertari con in mano un sistro, Abul Simbel
Pompei
Muri adorni
di soavità perenni,
eterne carezze di colore,
incanti di stagioni
interrotte bruscamente,
pennellate di anime
trapassate nell’eterno
giardino.
Tutto è ancora paradiso
anche dopo l’inferno,
c’è ancora il sogno
rimasto intatto
dopo il mortale risveglio.
Daniela Cerrato, 2017
Fresco, garden painting with two birds, Pompeii.
Eternamente
Integrità si sfalda
di crepa in crepa
il tempo incide
al suo passaggio,
sgretola la materia
come cruda argilla
la vìola, la intacca,
come tarlo incurabile
prosegue nel suo logorìo
ma anche quando il tuo volto
cadrà nel sonno perenne,
e altra vita scorrerà
tra le maglie del tempo,
la tua bellezza rimarrà
inalterata nella mente
di chi intatta conserverà
la tua energia riflessa.
Daniela Cerrato, 2017
Foto di Sak : https://www.flickr.com/photos/zak3000
istanti preziosi
Istanti preziosi,
possono essere solo attimi.
Il cuore li trasforma
in eternità.
Daniela Cerrato,2017
Rossana Longo “Gesto d’amore”,2005 (studio preparatorio) sanguigna su cartoncino
L’ouroboros,ovvero il serpente che si morde la coda
Il serpente è un simbolo antichissimo presente nelle culture precolombiane, mediorientali, gli egizi, i celti e anche presso le popolazioni del Nord / Centro America dove simboleggiava la rinascita. Il serpente perde la propria pelle quando è giunto il momento propizio ed è passionale fino alla morte.È anche mutevole in base alla situazione, talvolta tranquillo e quasi immobile per ipnotizzare l’avversario, altre volte rapido e letale con il suo morso velenoso.
L’ouroboros, il serpente che si morde la coda, è un simbolo mistico presente in moltissime etnie come quella indiana, egiziana, greca, nordica, sud americana. Secondo Carl Jung è un archetipo dell’architettura mentale e può simboleggiare la ciclicità o l’eternità, oppure l’integrità del tutto o l’unità primordiale. È anche un noto simbolo alchemico, uno dei più antichi, legato alla pietra filosofale e simboleggia la teoria dell’eterno ritorno, associabile a tutto ciò che può essere rappresentato attraverso un ciclo che dopo aver raggiunto la propria fine, ricomincia dall’inizio in un continuo ripetersi.
E’ simbolo dell’iniziazione e del potere dei maghi e degli occultisti, raffigurato attorno alla stella di Salomone, indica l’alta iniziazione occultistica.
Alcune sette gnostiche adoravano il serpente del paradiso che aveva destato nel cuore dell’uomo la bramosia della conoscenza;questo serpente divenne un emblema alchimistico riprodotto nel libro di Cleopatra sulla fabbricazione dell’oro. Il corpo del serpente, metà chiaro e metà scuro, manifestava all’adepto il bene e il male del mondo materiale, la perfezione e l’imperfezione che fnno parte della materia. Secondo gli alchimisti la materia è “uno e tutto”.
Il terribile serpente del paradiso fu mutato dagli alchimisti nel benefico Ouroboros e questo poi si trasformò nel dragone degli alchimisti.
In Hieroglyphica di Orapollo nella traduzione in volgare di M. Pietro Vasolli da Fiuizano, riferendosi all’equivalente geroglifico egiziano si trova questa mirabile descrizione:
“Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è anchora sdruccioloso, perilche è simile all’acqua: e muta ogn’ anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’ anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo.”
Pare che il simbolo si ispiri alla forma della Via Lattea, dal momento che in alcuni antichi testi era considerata come un enorme serpente luminoso che risiedeva nel cielo e circondava tutta la Terra.
Nel linguaggio odierno l’espressione “fare come il serpente che si mangia la coda” si usa per dire di un ragionamento che torna sempre al punto di partenza.
Ovunque andrò
Ovunque andrò
seguirai silente
i miei passi,
in ogni luogo
sarai l’eco
del mio respiro
cancellando
la mia solitudine
e ti contemplerò
oltre i margini
del tempo.
Daniela,marzo 2016
Foto di Ferdinando Scianna
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