Tutta ti ho pianto
che resta negli occhi un secco sfacelo.
Ad ogni modo il cielo ritrova
le nubi in aprile, ed è bello sentire
il rumore dell’acqua
***
Io non so dove la terra si rompe ai fiori
non so della memoria del seme.
Io non so perché la mia mano trema
quando l’anima si chiude nel moto
silenzioso del dispiacere.
non so se morire salva
dalla morte.
Io non so di queste cose
e non chiedo che un posto
dove la luce possa dirigersi clemente
***
Sono fatto di agitate nostalgie
e lampi contenuti nelle vene
voci che perturbano l’assenza
Sono fatti questi del tutto personali
nessuno mi chieda parola
ho da guardare l’acqua
e riprendere memoria
***
Lettera da un posto accanto
Ti scrivo da un cambiamento, un posto non posto, a cui mi è impossibile sfuggire, dove ogni cosa non è più nel proprio tempo, e il tempo stesso non è che uno spazio occasionale.
Da qui la mia voce non arriva oltre il torace, i rumori si sovrappongono in una armonia non comprensibile, in un moto avvertibile sulle ossa. E dentro i buchi dell’anima.
Non chiedermi perció di ciò che sarà; ho da stare in questo tempo come una latenza di me.
Ti scrivo e non per dirti di ciò che sarà, ti scrivo perché possano questi pochi righi contenere una porzione non definita d’amore, poiché l’amore è il più ampio cammino da dove gli uomini non tornano mai interi, e restano in un posto accanto. Perché l’amore per sempre ci cambia.
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Giovanni Sepe è nato a Napoli nel 1976
Diplomato all’Itis è sposato e padre di quattro figli. Si occupa di impianti elettrici ma la sua passione per la poesia ha origini lontane; già all’età di 16/17 anni scrisse i primi versi, ispirandosi ai grandi autori. Ma il coinvolgimento importante arriva più tardi, nel 2016 e nel 2018 arriva la sua silloge, per ora unica, dal titolo “il peso della luce” – Edizioni Controluna
Nelle sue poesie ritroviamo ombre malinconiche e dolorose dell’ anima, ferite cauterizzate o in via di guarigione, sofferenza da dissolvere con le pioggie di aprile, come narrano i suoi versi che contengono in modo sintetico e nitido “una porzione non definita d’amore”, sentimenti stratificati di un vissuto da metabolizzare. Lo si legge ed è come specchiarsi nel proprio passato, recente o remoto
per chi avesse piacere il brano musicale che consiglio da abbinare alla lettura: “The Great Gig in The Sky” dei Pink Floyd
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