La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità. ( Albert Einstein )
Disegna nuova stagione il sole pieno profumerà il prossimo fieno. In ombra desideri indomiti e dita puntate, vittime convinte di un eden avvelenato premeditato mentre il sole scalda pareti rinfrescate e pavimenti pallidi s’abbronzano nella quiete dell’anima. Rincasato il cuore libero di essere docile o ribelle, decisioni e rinunce su teli stesi ben distanziati, ognuno appeso al proprio sole. Presunzione inutile la convinzione di credere di conoscere un’anima con la fretta di un treno in corsa.
La strada verso la vetta deve vincere gli ostacoli.
Gerani fioriranno al sole
su terrazzi solitari
ritrovati di sera
per frescura e chiacchiere,
in mente un'accusa
da lanciare l'indomani
lamentando
di zanzare e lune avverse,
scie di croniche pendenze.
Altrove albe scure,
sfiorite notti su case cadenti
e monche urlano morte,
nulla sfuggirà alla pelle
l'ansia cambierà nome
diventerà paura di non rivedere
terrazzi di rinnovati gerani.
Il distacco dai giorni
lascia verbi senza complemento
desidèri d'eternità a sbriciolarsi.
Ma già una tela di Cintoli
impressa di vita e morte
è genialità che resiste
al disfacimento, inattaccabile
dall'usura del tempo
e dalla noia delle convenzioni.
L'eternità è vincere il silenzio in silenzio.
Daniela Cerrato
Claudio Cintoli (1935-1978) artista morto improvvisamente a 43 anni, ha saputo percorrere e attraversare nella sua breve vita i movimenti artistici più importanti degli anni Sessanta e Settanta, rinnovandosi sempre e sfuggendo a ogni inquadramento.
I tetti sbadigliano al sole
celano dinamiche varie
lente o in recidive corse,
i connotati del mondo
dispersi nei fusi orari
È troppo presto
per i tristi pensieri,
fammi un sorriso
che sconvolga la stanza
diventando luce invadente.
Inchioderà alle pareti
le ombre più ostinate.
Daniela Cerrato
Roland Petersen, ” Tetti”, 1987, gouache e matita colorata su carta
Il silenzio muove al cuore
curiosità di contare
i battiti sulle emozioni.
Non servirà contare le stelle
per ritrovare il miracolo cosmico.
Su quaderno fisso il sublime eterno
oscillare tra ipotesi e assioma.
Raccontavano
combusta ogni sostanza
pani di ghiaccio sui muri.
L'elettricità fu svolta
illuminò un mondo
Avanti di un secolo
sequenze di bit
sconvolsero abitudini,
la prosperità del vizio
corse su ali cibernetiche
Ora l'inutile esaspera
lamentando l'essenziale.
Se pioverà
forse torneremo
a lasciare secchi vuoti
a colmarsi di speranze.
Sta a loro dire quanto costi caro lo sforzo di trattenersi:
vorrei venire da te, ma non posso farlo).
***
in fondo al tuo silenzio, mentre leggi
Il vuoto del tuo corpo,
il suo silenzio,
dimostrano che il padrone non è in casa.
Resta solo il cappello, posato sulla sedia
per occupare il posto dell’assente.
Quando leggi, vai via, e mi lasci solo.
***
Maggio
( per Henry Beyle)
Ci siamo, la lunga salita
sta per finire.
Tra poco riusciremo ad affacciarci
in cima,
in cima all’altopiano dell’estate.
Fa ancora freddo, piove, tira vento,
ma già qualche ragazza va ammainando i vestiti,
per splendere,
asta nuda della sua nudità.
Ma già le notti tradiscono il profumo.
Ma già si intravede la vetta, la bellezza
come promessa di felicità.
***
il funerale laico
Ormai non è rimasto quasi niente,
né schiavi immolati, né balsami,
né roghi, né incenso, né prefiche.
Qualcuno parla, si applaude, il dolore
viene giú senza riparo:
un acquazzone all’aperto.
L’unico sacerdote è l’impresario
di queste funebrissime non-pompe.
Non c’è rimasto niente, appena il morto,
e solo con un morto, si fa poco.
Abbiamo abbattuto le dighe
e il Niente è arrivato fin qua,
lambisce i fiori, circola fra i presenti,
certifica la nuda Verità.
Perciò mi è caro il funerale laico,
un senzatetto che ha come ridosso
o la Piramide o il Tempietto Egizio,
un rifugiato politico cui danno asilo solo i Faraoni.
Io so il motivo: è per colpa del fiume.
Qui, tutti noi aspettiamo
sulle rive del Nihil.
– poesie di Valerio Magrelli, tratte da Il sangue amaro, Giulio Einaudi Editore
Valerio Magrelli, nato a Roma nel 1957, ha pubblicato cinque raccolte di versi. Le prime tre (Ora serrata retinae, Feltrinelli 1980, Nature e venature, Mondadori 1987, Esercizi di tiptologia, Mondadori 1992), sono state riunite nel volume Poesie e altre poesie (Einaudi 1996), cui hanno fatto seguito Didascalie per la lettura di un giornale (Einaudi 1999) e Disturbi del sistema binario (Einaudi 2006). Sempre da Einaudi sono uscite le prose Nel condominio di carne (2003), Addio al calcio (2010) e Geologia di un padre (2013).
Docente di letteratura francese all’Università di Cassino, collabora alle pagine culturali di «Repubblica». Nel 2002 l’Accademia Nazionale dei Lincei gli ha attribuito il Premio Feltrinelli per la poesia italiana.
(van gogh)
Non so spiegarti meglio e tuttavia
mi piacerebbe farlo
ma
una specie d’inedia
mi trasforma in un essere svogliato
una censura inflitta da me stesso
senza aver nulla da disinnescare
un proprio nulla, un nulla disinvolto
che non soggiace ad altro e a nulla tende
un tardo pomeriggio, potrei dire,
come una sonnolenza
dove non c’è neppure un sovvenire
né peso sulle ciglia
ma non potrei parlare di pigrizia
come l’estate calda quando il tempo
ti consiglia un’assenza
e ti sorprendi giallo come un campo
e fermo come l’aria su un covone
né tempo
e sosta il mio rumore.
Pervasi dal sogno occhi ciechi tendono a immaginare colori diventano incerti quando i dubbi rendono l’alba aspra col tramonto. Il tempo ha occhi di lince scruta anche nel buio del silenzio sbrana divora e non s’inganna con quattro parole in preghiera. Non ascolta alibi del cuore prosegue d’istinto e rigore per la sua strada randagia, scrolla di dosso polvere e pioggia supera buche e dossi, ritrova il sole. Margerite e farfalle in nuova luce rapite dal tiepido vento non sanno, volano oltre il termine previsto.
Daniela Cerrato
Immortality of Time is a painting by Milene Hertug
Ascolteremo nella calma stanca la musica remota della nostra tremenda giovinezza che in un giorno lontano si curvò su se stessa e sorrideva come inebriata dalla troppa dolcezza e dal tremore. Sarà come ascoltare in una strada nella divinità della sera quelle note che salgono slegate lente come il crepuscolo dal cuore di una casa solitaria. Battiti della vita, spunti senz’armonia, ma che nell’ansia tesa del tuo amore ci crearono, o anima, le tempeste di tutte le armonie. Ché da tutte le cose siamo sempre fuggiti irrequieti e insaziati sempre portando nel cuore l’amore disperato verso tutte le cose.
L’amore disperato verso tutte le cose, di Cesare Pavese ( Il mestiere di vivere: Diário 1935-1950)
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