tratte da: Il verbo di fronte, Einaudi,2024
della tua morte
Di fianco al mite lume sale il torpido respiro. Lo ascolto. Pesante l’aria ha costruito un ponte, attende e noi qui intorno, il nostro sguardo, la tua conclusione. Odore di morte, ho raccolto i fiori nell’orto, deposti sul bordo liscio di un’acquasantiera, mentre fuori è già veglia di Pasqua. Accosto lentamente il naso alla brevità del tuo sorriso, ultimo compagno, è fragranza offuscata. Ed ecco che lí, sotto il tuo zittire le labbra, mi fai capire la sete.
Io ti irrigo. Irrigo te che sei terra promessa, che mi fai dono di esserne affluente dalla fede inadeguata. Io che sono creta senza diritto, stolta confesso, ben altro vorrei sapere. Vederti oltre, mia indiscrezione, dal tuo inabitato osservare, da lí cosa vedi? Cosa osservi? Cosa guardano le orbite fisse, che ti liberi giorno dopo giorno dal mondo esterno. È visione interiore la tua, troppo lontana per gli occhi miei che non seguiranno il tuo andare incontro al profondo.
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sull’unità del verbo
Il tempo, questa voce d’incerta origine
tra principio e fine, eppure senza mai cessare.
Cosa pensare e come pensarlo
tutto questo tempo in sovrabbondanza di sé
e io che non lo comprendo.
La mia mente riconosce sí un tempo in fiore,
le frasi del linguaggio colloquiale, un elevato dire
che scrive un verso e un altro verso ancora
e forma e diventa un tempo di poesia.
All’opposto il tempo ora non mi contiene,
il suo insieme non ospita nulla di mio.
Misera condizione è la dispersione che sento,
diaspora dei pensieri che non porta all’unità del verbo.
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al contrario
Sedere non risiedere, dice la panchina.
Che io non ti diventi dimora,
questo luogo santo all’agio
non è a servizio della carità altrui,
bensí di convivenza civile.
È vietato sdraiarsi in sede di bivacco diurno,
cosí pure di domicilio notturno.
Sia ben chiaro: vivere per strada non è reato,
esiste il diritto di esistenza ai margini della via,
poiché chi va mendicando è ognuno francescano,
che lí il compatimento è incluso,
ma la legge è per tutti e il decoro e la tutela
del quieto vivere un ordine sociale.
È dunque indecoroso il tuo stare
qui a dormire e riposare,
questa panchina è qui, perché tu ti possa sedere,
stare dunque, stare con le parti posteriori
del tuo corpo posate, le gambe distese o piegate
in breve agio, interrompere insomma l’abituale fatica
di capire cosa siano le convenzioni sociali.
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Roberta Dapunt è nata nel 1970 in Val Badia, dove vive. Per Einaudi ha pubblicato le raccolte di poesia: La terra piú del paradiso (2008), Le beatitudini della malattia (2013), Sincope (2018). Il Verbo Di Fronte (2024) Tra gli altri suoi libri, Nauz, raccolta di poesie in ladino (Il ponte del sale, 2017)