la poesia incontra la musica: Georges Moustaki, Ma liberté

Mia libertà
Mia libertà
A lungo ti ho serbata
Come una perla rara
Mia libertà
Sei tu che mi hai aiutato
A sciogliere gli ormeggi
Per andare chissà dove
Per andare fino alle fine
Delle vie dei tesori
Per raccogliere in sogno
Una rosa dei venti
Su un raggio di luna

Mia libertà
Di fronte al tuo volere
La mia anima era sottomessa
Mia libertà
Ti avevo dato tutto
Fino all’ultima camicia
E come ho sofferto
Per poter soddisfare
Le tue più piccole esigenze
Ho cambiato paese
Ho perso gli amici
Per guadagnare la tua fiducia

Mia libertà
Hai saputo farmi abbandonare
Tutte le mie abitudini
Mia libertà
Tu che mi hai fatto amare
Anche la solitudine
Tu che mi hai fatto sorridere
Quando volevo porre fine
A una bella avventura
Tu che mi hai protetto
Quando mi nascondevo
A curare le mie ferite

Mia libertà
Eppure ti ho lasciata
Una notte di dicembre
Ho abbandonato
Le strade fuori mano
Che percorrevamo insieme
Quando fiducioso
Legato mani e piedi
Ho accettato senza reagire
E ti ho tradito per
Una prigione d’amore
E la sua bella guardiana

E ti ho tradito per
Una prigione d’amore
E la sua bella guardiana

si attende la quiete dopo il fischio finale

L’ottovolante inarrestabile fa nausea
divora il buonumore se mai fosse presente
è caotico andamento questa vita da deglutire
ma con o senza dio è vita sacra da accudire.
Con la stanchezza di una formica in processione
troppo carica sul dorso per la sua regina
seguirò il vento che soffierà ancora,
il suo pulviscolo acuirà lo xeroftalmo
e asciugherò altre lacrime di certo.
Non fa sconti la vita, è da giocare tutta
la partita, anche se il cuore è sotto crampo
non c’è scampo  per i tempi supplementari.
Si attende la quiete dopo il fischio finale.

-Daniela Cerrato

pannello decorativo di Giulio Aristide Sartorio, 1906 ca.

A 77059

il vecchio albero di mele cotogne

Il vecchio albero di mele cotogne
è stato abbattuto a fine primavera
si lo so, era malaticcio da tempo
come tutti qualche acciacco l’aveva
ma ero affezionata comunque
a quel suo cappello ormai difforme
e ai pochi frutti di qualità ormai rara.
Ora sul pianoro c’è un vuoto che fa strano
come se mi mancasse il dito di una mano.

    – Daniela Cerrato

Dmitry Zhilinsky. (1927 - 2015) Under the old apple tree. 1969.jpg

Dmitry Zhilinsky. (1927 – 2015) “Sotto il vecchio albero di mele”, 1969

il tuo sangue scorre ancora

Stamane ho stretto le mani di tuo padre
ho abbracciato il suo profumo,
sapeva di te del tuo ricordo.
Le guance su cui ho posato i baci
erano le tue, abbiamo pianto
e riso insieme di aneddoti ritrovati,
del tuo sole perduto per sempre,
della costiera amalfitana, dei limoni,
del mare che non è stato più lo stesso
di come siamo senza te adesso, orfani
di figlio e uomo, amore per entrambi,
di come cambi corso questa dannata vita
dopo la falce della morte che non trattenne
la sua lama sul tuo sorriso senza eguali.
Tu che mandi continuamente dei segnali
devi sapere che se miracolo non avvenne
ci diamo del tu come padre e figlia
per lui faccio parte della sua famiglia,
la malattia e la morte non hanno scalfito
ciò che volevamo fosse fortemente unito.

-Daniela Cerrato

rielaborazione0947

strabica visione in lettura

La lettura di un cuore sbucciato a vivo
si confonde nella foschìa di aspetti taciuti
mai conosciuti, e diventa strabica visione,
non se ne comprende la precisa direzione
ma nitido è il cupo ritratto d’afflizione
persa nel limbo di traballanti illusioni.
La via del cuore gioca su fili funambolici
tra astratto e reale, surrogate emozioni
coinvolgono presenze che divengono diamanti
nella tormenta in cui s’è perduta parziale luce
del faro vigilante sulla palude Mareotide.
Smarrimento che il giorno rende meno gravoso
trasformato di notte in lamento straziante
e come bracco che ha perso il suo vitale fiuto
pare che vaghi nel nulla  chiedendo aiuto.

  • Daniela Cerrato

parole zingare senza fissa dimora

Resta un buon proposito non voler ferire checchè succeda poi
le parole hanno valenza precisa nel momento in cui sono pronunciate,
riempiono bocche sincere eppure… sono zingare senza fissa dimora,
vagano per natura su strade insicure, seguono correnti improvvise,
così l’acqua cheta diviene turbolenza, straripa dai percorsi disegnati
e quel guado è passaggio salvifico da attraversare pur con disagio,
l’unica via di fuga per osservare ancora il cielo alzando gli occhi.
Un cielo meno azzurro di come lo disegnano i pastelli bambini
ma indispensabile per rincorrere ancora la bellezza dei sogni.

– Daniela Cerrato

quando l’uomo era ominide e non sapiente distruttore

Entrare nell’atmosfera di in un bosco tra odori e colori in mescolanza
e una danza di selvagge frasche che sfiorano la pelle e si flettono al passaggio,
come gentili ancelle dai veli di un verde ancora vivo, solo qualche foglia
inneggia all’autunno e si liberano odori di terra madida, di fertilità piena
e la cantilena di un uccello sconosciuto che si tenta di riconoscere
mentre si appressa è pari a un richiamo d’allarme per l’intrusione umana.
Si procede e il rumore dei passi è attutito da un tappeto d’aghi di pino
la luce filtra un tepore leggero, cambia la natura dei pensieri senza veleni,
si respira l’ancestralità di un clima che rimanda al pianeta primigenio
quando l’uomo era ominide e non sapiente distruttore che s’appella genio.

-Daniela Cerrato

foto: “stairs in black” by Paul Militaru from https://photopaulm.com/2018/09/26/stairs-in-black/

stairs-in-black.jpg

quando il titolo è superfluo

Echi e agganci incoerenti a istanti vissuti,
nessuno può conoscere i personaggi
ma c’è chi applaude o fischia
a un pezzo di commedia scritta
col cuore in mano sanguinante
o leggero come piuma impertinente
che galleggia nell’aria e raccoglie
pulviscoli di altrui vita.
Meschino il sorriso sguaiato che copre
le altrui tristezze, ma anch’esso
fa parte delle onde ciniche del mare
della tranquilla e beata ignoranza.
Lascio alle correnti il piacere
di disperdere le sciocchezze in frammenti
che disciolti non avranno più importanza.
– Daniela Cerrato

la discrezione dei muri spessi

Da muri sottili affiora dispersione di privato
la maggior luce è quando il giorno ha occhi chiusi
e le parole sono fantasmi che attraversano pareti
di contenitori incapaci a contenere,
ne fanno incetta le solite megere
avide di notizie fresche come il pane
da distribuire con variegata farcitura
al primo consiglio di isolato.
Molto meglio le antiche spesse mura
sigilli sicuri dove l’intimo tale resta,
che sia pianto o di cuori riservata festa
non va in pastura a voraci volpi e iene.

-Daniela Cerrato