poesie di Alfredo Giuliani (1924-2007)

Per la festa dei bambini allo zoo

È il più bel giorno di un burbero aprile
che ha portato gelide piogge
sotto i cappotti smunti
e agli alberi capitozzati ha dato
un sadico sfondo invernale.

Per la festa dei bambini allo zoo
c’erano tante automobili nel piazzale,
era venuto il vento di primavera
con tutto lo sciopero dei trasporti,
c’erano guardie inflessibili
ai divieti
di sosta e ai cani sciolti.

Per la festa han fatto pagare i bambini
e quadruplicato il prezzo.
Le solite foche avide e giocose
le solite scimmie
i soliti elefanti e guanachi
il solito leone sonnolento
sulle prode di cartone
                                  e tanti fotografi dilettanti.

Il Sindaco non c’era.
I burattini
                 e il resto dello spettacolo
non fecero né ridere né piangere,
sentimmo soltanto rotolare ancora un po’
la pietra della stupidità volgare.
Non passarono aeroplani sopra la nostra testa,
gli orsi non dettero il ballo.
Non ci fu nulla di gaio e di vitale.
Noi adulti conosciamo questa morte coloniale.
Il Sindaco, bambini, no.

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Resurrezione dopo la pioggia

Fu nella calma resurrezione dopo la pioggia
l’asfalto rifletteva tutte le nostre macchie
un lungo addio volò come un acrobata
dalla piazza al monte
e l’attimo sparì di volto in volto
s’accesero i fanali e si levò la buia torre
contro la nostra debolezza
i secoli non ci hanno disfatti 

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Grige radure s’accendono

Una banda di ragazzi preda le cavallette
nei terreni da vendere e pianta fazzoletti
in cima a pertiche, tra i cardi.
Il lavoro è già dietro lo steccato, avanza
col tonfo delle betoniere, cola con gli asfalti,
spela il cielo con la sega elettrica;
al suolo è rasa la muta torre.

Dal mio guscio di rovine saltano note di colomba.

Lascia un sentore felice la banda in fuga.
Laggiù sulle ville tramonta e grigie radure
s’accendono, il fiume rabbuia, soffia
un vento che non devasta né punge.
I lumi rossi vegliano ai cantoni del castello.

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In debito di una morte famigliare
 
Chi guarda per essere guardato vede
un viso cieco. Le mura s’affrettano
a scantonare dove il gatto vomita e
divora senza vergogna. Ma non sanno
 
le mie nazioni, i cortili, in vetta
alle cuspidi lo stormire che le ali
fanno delle serrature per aprire o
quando di narcisi giù sulle quattro
 
candele mattutine grondano i cerei
ghiacci. Versiamo pure i cari debiti
nella cassa comune, e come si finisce
per amare tutto della sofferenza.
 
Chi dagli occhi ripiega le ali, tra
non molto dovrà strisciare; e almeno
calpestare scheletri di brina, noia,
descrivere in memorie le due eoliche
 
che accumulano i fianchi sottovento,
non le ceneri sciolte fotografare.
 
Guardano le cuspidi la spuma: urla,
abbranca i garretti del mare. Il
 
sapore del gatto, quando le ombre
sul batticuore passarono la fiamma
ossidrica. E ricordati di gettare
una fronda di polvere sullo spettro
 
dell’aria umida. Poi esplodono i fori,
la chiave sventra l’azzurra lapide.

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Alfredo Giuliani nacque a Mombaroccio, nel 1924, ma visse a Roma dove morì nel 2007. Le sue raccolte di versi: Il cuore zoppo (1955), Povera Juliet e altre poesie (Feltrinelli, 1965), Il tautofono (Scheiwiller, 1969), Chi l’avrebbe detto (Einaudi, 1973), Nostro padre Ubu (Cooperativa Scrittori, 1977), Versi e non versi (Feltrinelli, 1986), Ebbrezza di placamenti (Manni, 1993), Furia serena. Opere scelte (Anterem, 2004), Dal diario di Max. Pensieri e ridevoli patacchi (Marini, 2006).

È stato direttore responsabile della rivista del Gruppo 63 “Quindici” fondata a Roma nel 1967 e ha collaborato al quotidiano La Repubblica e alle riviste Il Verri, Il cavallo di Troia, Testuale e Gradiva. Nel 1970 ha pubblicato per Einaudi un il racconto in prosa della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso e nel 1972 per Adelphi il romanzo Il giovane Max. I saggi sono raccolti in Le droghe di Marsiglia (Adelphi, 1977) e Autunno del Novecento. Cronache di letteratura (Feltrinelli, 1984). Ha tradotto opere in versi e in prosa di James Joyce, Dylan Thomas, Edwin Arlington Robinson, Ben Jonson, Alfred Jarry, Henri Michaux, Thomas Stearns Eliot e il Pericle di William Shakespeare.

Autore: Daniela

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