Rudolf Fila (1932-2015)

Rudolf Fila, nato a Pnbram in Moravia, ma vissuto a Bratislava, è stato un artista che ha arricchito la pittura slovacca di nuovi mezzi espressivi e tecniche innovative. Nel corso degli anni la sua arte è andata in una direzione di semplificazione di forme entrando di fatto nell’astrazione.

Rudolf Fila

Iniziò gli studi alla scuola di arte applicata di Brno sotto l’ala del prof. Bohdan Lacina, artista che dava piena libertà agli studenti e allargava i loro interessi verso la letteratura la poesia e la musica.
Frequentò poi il corso di pittura di Jan Mudroch all’Accademia di Belle Arti e Design di Bratislava dove ha dipinto, contariamente al realismo in vigore, delle opere astratte.

Rudolf Fila, 1960

Rudolf Fila, La continuazione dell’oro, 1965.

Intorno al 1960 iniziò a sperimentare diverse tecniche, con spruzzi e colate di colori che divennero espressione della sua arte. Combinazioni di macchie, occasionalmente affiancate a motivi geometrici, ghirigori, sovrapposizioni, che presentò in mostre collettive organizzate dall’unione degli artisti cecoslovacchi, fondata nel 1956, che girarono per l’Europa. Negli anni sessanta tenne mostre nell’ex Cecoslovacchia e all’estero, in particolare a Parigi, San Marino, Roma, Città del Messico.

Rudolf Fila, Stagione IV , 1964

In questi anni nei suoi quadri strutturali appaiono tracce lineari allungate che diventeranno una caratteristica dominante della sua pittura, oscillando pertanto tra astrazione e pittura gestuale.

Rudolf Fila, La nascita di Venere, 1971

Negli anni ’70 ha iniziato a creare monocromatismi con delle linee parallele di varia larghezza. e contemporaneamente ha reinterpretato in riproduzioni molto personali quadri famosi di artisti noti a livello mondiale, mostrando la sua ironia e inclinazione a parafrasare.
A metà degli anni ’80 ha rincarato la forza del colore utilizzando pennellate più violente e un colore più pastoso e ha iniziato a tenere corsi di pittura a Bratislava. Tra gli anni ’90 e 2000 ha esposto in una serie innumerevole di musei e gallerie in tutto il mondo. L’artista è morto l’11 febbraio 2015 a Bratislava.

Rudolf Fila, 1973

R.Fila, Overpainting

Rudolf Fila Gorgonská tvár, 1977

Rudolf Fila, Munch smile, 1981

R. Fila, Intervento prismatico,tecnica mista e tela applicata su tavola di legno, 1993

Rudolf Fila, Head II

l’arte interdisciplinare di Yinka Shonibare

Arte geniale e di grande contenuto socio-politico quella di Yinka Shonibare nato a Londra il 9 agosto 1962. Quando aveva tre anni la sua famiglia si trasferì a Lagos, in Nigeria. A diciassette anni è tornato nel Regno Unito e poco dopo ha contratto un’infiammazione al midollo spinale che gli ha provocato una paralisi a un lato del corpo.
Ha studiato Belle Arti prima a Byam Shaw School of Art, poi alla Goldsmiths University di Londra dove si è laureato. Dopo gli studi ha lavorato per un’organizzazione che rende le arti accessibili alle persone con disabilità.
Dopo vari riconoscimenti e partecipazioni a mostre importanti a livello internazionale nel 2016,la sua opera “Vento di Scultura” è stata installata di fronte al Smithsonian National Museum of African Art (NMAA) in Washington.
Nel 2023 con la sua opera presentata a Leeds, la sgargiante Ibiscus Rising , si commemora la vita e la morte di David Oluwale, un Nigeriano senza fissa dimora perseguitato dalla polizia di Leeds City.

Yinka Shonibare–Discus Thrower (After Myron)

Ibiscus Rising, 2023- Y.Shonibare- sotto un dettaglio

Wind Sculpture by Yinka Shonibare

In buona sostanza tutte le sue opere sono una rivisitazione dei tempi storici e trattano, a volte in modo provocatorio, i temi del colonialismo, quelli di razza e classe mediante l’unione di pittura, scultura, fotografia, installazioni d’arte, e, più recentemente, di film e performance. Esamina le intricate relazioni tra l’Africa e l’Europa, e le rispettive storie economico-politiche. Si descrive come un “post-coloniale”, prende ispirazione da tutto il mondo, come lui stesso ha affermato: “io sono un cittadino del mondo, guardo la televisione e lavoro sugli accadimenti.”

Fa spesso uso del caratteristico tessuto batik comune in Nigeria. Riconfigura immagini iconiche della storia dell’arte occidentale, trae spunti dalle relazioni culturali e materiali tra Europa e Africa. Ha creato biblioteche di libri rilegati in tela e ha reinterpretato il Lago dei cigni di Čajkovskij per commentare la differenza razziale.

Ha anche ricreato dipinti di artisti famosi utilizzando manichini senza testa con il Batik o l’Ankara al posto dei tessuti Europei, sia per rappresentare lo scontro sia per evidenziarne l’ interazione culturale durante il postcolonialismo.

Col passare degli anni la sua disabilità è aumentata e ora per le sue creazioni è costretto a basarsi su un team di assistenti.

Yinka Shonibare Art

L’artista ha esposto a New York, Londra, Parigi, Pechino e Tokyo e le sue opere appartengono alle collezioni della Tate, del Victoria and Albert Museum, del Museo Nazionale di Arte Africana, del Museo di Arte Moderna e del Pérez Art Museum Miami. Nel 2024 è ospite del padiglione della Nigeria alla Biennale di Venezia e sono le sue stesse parole che presentano il lavoro esposto: «Un lavoro sulla restituzione dei bronzi del Regno Edo di Benin, sottratti dalle truppe britanniche guidate dall’ammiraglio Rawson in una spedizione punitiva nel 1897. Quel furto è stato vissuto come una perdita di dignità da molti africani, così ho riprodotto alcuni dei pezzi più famosi, ancora oggi nella collezione del British Museum, e li ho posizionati in un monumento alternativo, una piramide di circa tre metri che ho chiamato Monument to the Restitution of the Mind and Soul. È un tributo alla dignità e all’autostima».

Shonibare

Qui il suo dito ufficiale: https://yinkashonibare.com

Angelo Maggi (1953-2024)

Oggi a Sassari si è spento all’età di 71 anni il pittore Angelo Maggi; nato nel 1953 aveva studiato all’istituto d’arte sotto la guida di Stanis Dessy, Gavino Tilocca, Zaza Calzia e Aldo Contini. Maggi oltre alla pittura si è dedicato anche alla grafica pubblicitaria e poi in un successivo percorso anche all’arte applicata, dai gioielli alla ceramica e alla decorazione dei mobili.

Ha dipinto ritratti di donne dalla bellezza antica, malinconica e fiabesca, volti con gli occhi chiusi, figure oniriche che l’autore così descrisse: “… le donne che io dipingo, sembrano fragili e primitive, umili, ma nascostamente amano farsi corteggiare. Conoscono la forza della loro bellezza che io cerco solamente di esaltare. Ecco questa sei tu, sussurro all’opera mentre dipingo e la guardo intensamente dopo averla liberata della sua primitiva timidezza”.

Nulla più delle sue opere possono raccontare di lui. La terra gli sia lieve.

Il Parmigianino

Il cinquecento pittorico italiano ebbe nomi di grande risalto come Pontormo, Rosso Fiorentino, Dosso Dossi, nomi che celavano, come racconta il Vasari, dei caratteri particolari, bizzarri, stravaganti, irrequieti. E tra loro il Parmigianino non fece eccezione.

Parmigianino, “Autoritratto allo specchio”

Il Parmigianino, ovvero Geronimo Francesco Maria Mazzola, figlio d’arte, fu artista precocissimo, tant’è che eseguì il Battesimo di Cristo quando aveva solo 14 anni. La sua fama crebbe insieme al suo stile, un manierismo riconoscibile per le figure allungate e le espressioni satiresche e bucoliche. Uno dei principali meriti del Parmigianino sta nell’aver ridefinito i canoni della bellezza del tempo arrivando fino a vette di stravaganza e ambiguità che però mai perdevano la loro grande impronta di raffinatezza.

Il Battesimo di Cristo, Parmigianino

Fu un artista colto e raffinato, che raccolse subito i favori della critica ma ebbe a quanto pare una vita tormentata. Pochi sanno che fu talmente rapito dai misteri dell’alchimia che spese intere fortune derivate dal suo lavoro per procurarsi strumenti per la fabbricazione dell’oro. Questo gli creò diversi problemi e periodi di profonda miseria.

Parmigianino, “Antea”

“Madonna dal collo lungo”, Parmigianino

Parmigianino, “Pallade”,1539

Parmigianino, “Pala di Bardi”

Nel 2021 il dipinto Saturno e Filira del Parmigianino è stato venduto all’asta a Londra da Christie’s per la somma di 500 mila sterline: fu definita dallo storico dell’arte David Franklin “una delle più belle ed enigmatiche concezioni del Parmigianino” . Vano l’appello lanciato da un gruppo di studiosi, tra i quali il Premio Nobel Mario R. Capecchi, per sollecitare lo Stato italiano ad attivarsi per assicurare il dipinto al patrimonio nazionale. Lo stesso invito è stato inviato anche a possibili mecenati, ossia aziende e fondazioni private con sede a Parma (tra cui Barilla e Fondazione Cariparma) senza un esito positivo.

Parmigianino “Philyra e Saturno”

Fu particolare e complessa la vita di quest’opera.
Nel Cinquecento fece parte della collezione di Francesco Baiardo (1486-1561), nobile parmigiano, amico e mecenate dell’artita, che descrive il quadro come raffigurazione “d’una donna ignuda ch’incorona un Cavallo con’un puttino appresso bozzata di colore finito alto o 20 larga o 12 di mano del Parmesanino”.
Per due secoli se ne persero le tracce poi ricomparve in Inghilterra alla fine del Settecento, nella collezione del pittore inglese Joshua Reynolds per passare poi in eredità alla nipote dell’artista. Messo all’asta da Christie’s a Londra nel 1795, il quadro acquistato da John Julius Angerstein viene registrato come ‘Parmegiano ,Venere incorona Pegaso’. Dopo una vendita a Londra realizzata nel 1832 attraverso la casa d’aste Foster, si ha un nuovo passaggio da Christie’s nel 1838 e poi nel 1933 quando il dipinto viene attribuito erroneamente al Bronzino.
Approdata negli Stati Uniti, l’opera nel 1991 passa da Sotheby per essere acquistato nei primi anni Duemila, tramite le Salander-O’Reilly Galleries di New York dall’ultimo proprietario che lo ha poi venduto all’asta nel corso della prestigiosa Old Masters Evening Sale di Christie’s.

Esposta in importanti mostre internazionali, nel 2003 l’opera suscitò ammirazione in occasione della mostra Parmigianino e la pratica dell’alchimia, tenutasi a Casalmaggiore, e fu mostrata per l’ultima volta in Italia a Roma, nel 2016, alle Scuderie del Quirinale, in occasione della mostra “Correggio e Parmigianino: Arte a Parma del Cinquecento”

i capolavori del fine settimana

un weekend all’insegna dell’Arte e come prevedevo ne esco con la soddisfazione di aver trascorso tempo buono. Segnalo, per chi non l’avesse vista, la mostra su Caravaggio ad Asti, a Palazzo Mazzetti, che proseguirà fino al 7 Aprile; mostra che evidenzia come la natura morta abbia preso piede nella pittura del cinquecento e come l’opera di Caravaggio abbia influenzato gli artisti del suo tempo e successivi.

Caravaggio, la canestra di frutta

Francesco Noletti, detto il Maltese, Composizione con cesta di frutta e specchio su tappeto.

Per proseguire in bellezza , la visione del Film documentario su Bernini. Una serie di opere tra cui La Trasverberazione di Santa Teresa d’Avila , l’Estasi della beata Ludovica Albertoni, il David, il Fauno molestato dai cupidi,opera realizzata a quattro mani col virtuoso padre Pietro , il Ratto di Proserpina, Apollo e Dafne, Lo splendido Ermafrodito dormiente posato sul materasso creato appositamente dal Bernini in un realismo sorprendente… La superba regia di Francesco Invernizzi ha saputo inquadrare e cogliere al meglio particolari sotto una luce che evidenzia al massimo la qualità del marmo e la immensa grandezza, il genio e l’unicità di Bernini. Lo consiglio a chi non avesse ancora avuto occasione, aggiungendo che è anche stata scelta un’ottima colonna sonora, tra cui musiche di Handel e Debussy.

Gianlorenzo Bernini, Apollo e Daphne

e dulcis in fundo un piacevole ascolto: Vuestros ojos tienen d’amor no sé qué, anonymous (S.XVII)

Edward Buk Ulreich (1884-1966)

Edward Buk Ulreich è stato un artista americano, nato a Kőszeg in Austria-Ungheria e giunto a Kansas City nel Missouri da bambino. Ha studiato al Kansas City Art Institute e ha lavorato come cowboy nella riserva indiana Apache in Arizona. Col dipinto inviato alla Pennsylvania Academy of Fine Arts vinse una borsa di studio. Ha viaggiato negli Stati Uniti sudoccidentali e ha realizzato molte opere sui cavalli. Insieme alla moglie Nura realizzò anche lavori di illustrazione su libri per l’infanzia.

Advance Guard of the West (studio rurale, New Rockford, North Dakota Post Office)

Viaggiò in Europa per diversi mesi prima di tornare a New York nel 1915 per prestare servizio nell’esercito degli Stati Uniti. Dopo la prima guerra mondiale realizzò i suoi primi murales per i Denishawn Studios in California e poi dipinse murali di chiese, arazzi e mosaici in marmo per la Fiera Mondiale di Chicago del 1933

Florida Memory • Mural Andrew Jackson painted by Eduard Buk

Murale “Ponce De Leon” di Eduard Buk Ulreich – Tallahassee, Florida

Ha realizzato nel 1936 ben otto murales per l’atrio principale del tribunale di Tallahassee che illustrano scene della storia della Florida.

Eduard Buk Ulreich

Birds in Flight by Buk Ulreich, Equestrian Gouache

Donna e gatto di Eduard Buk Ulreich.jpg

Il suo lavoro comprende arazzi per il Chicago Temple Building, mosaici in marmo per il Century of Progress Expo di Chicago e murales al Radio City Music Hall.

Illustrazione per la rivista PM, Luglio 1937 La rivista PM è stata la voce principale dell’industria delle arti grafiche statunitense dal 1934 al 1942

Morì a San Francisco nel 1966

Ballerini spagnoli- di Eduard Buk Ulreich

Carlo Crivelli e la grazia della Maddalena

Carlo Crivelli (1430 ca.-1494) è uno dei pittori più importanti, purtroppo trascurati, del XV secolo. Ha vissuto nell’epoca di transizione tra la pittura gotica e quella rinascimentale. Si sa poco della sua formazione ma sicuramente fu influenzato dal Donatello dal Mantegna e da Francesco Squarcione, ma nelle sue opere non mancano anche richiami alla pittura fiamminga.
Il Museo di San Francesco a Montefiore, in provincia di Ascoli Piceno, ha una sala dedicata al grande pittore del Quattrocento e una delle sue più grandi opere si trova proprio lì; altre sono dislocate in chiese diverse delle Marche, altre ancora nelle chiese cui erano destinate.

Il ritratto della Maddalena di Montefiore, datata tra il 1471 e il 1473, è uno dei lavori meglio riusciti di Carlo Crivelli. Fa parte di un polittico smembrato e divenuto una spettacolare serie di sei pale d’altare disposte su due livelli. È una Maddalena che si differenzia da quelle dipinte da altri, ha un’ espressione viva, un accenno di sorriso, per alcuni ambiguo, mostrato dalla bocca socchiusa e una sensualità percepibile unita alla grazia. Una donna sacra e profana al tempo stesso ritratta in una posa molto raffinata in cui l’eleganza si osserva anche nel gesto con cui regge il lembo del manto. La veste è un ricco abito di gusto rinascimentale, preziosamente lavorato, in cui si nota il disegno di un; fenice sulla manica e un’ampia scollatura ; un’opulenza accentuata dall’oro dei particolari e dello sfondo.

La meravigliosa Maddalena di Montefiore del Crivelli.

Crivelli era uso aggiungere sfondi dorati e decorati alle sue immagini e usava lo stucco per dare un effetto tridimensionale a particolari come lacrime, gocce di sangue, cinture e gioielli. Ha anche usato “trompe l’oeil” come altri pittori del Rinascimento settentrionale come Rogier van der Weyden.

Dipinse esclusivamente soggetti sacri, ma con la sua viva fantasia trasformò i monotoni temi religiosi in preziose icone di moda: le sue madonne sono tra le più ricercate nell’abbigliamento, con tessuti lavorati di perle e acconciature elaborate e ingioiellate.

Charles Prendergast (1863-1948)

Di Charles Prendergast (1863-1948), artista americano, si sa che prima di dedicarsi alla pittura è stato un intagliatore del legno,fabbricante di cornici e telai per i grandi artisti del suo tempo, tra cui John Singer Sargent. Nel 1912 si convertì alla pittura come il fratello Maurice ; i suoi lavori, dai tratti delicati , riportano all’arte prerinascimentale, con estetica pura delle figure, ma ricordano anche le miniature mediorientali, gli antichi vasi greci o i mosaici Bizantini. Nella sua tecnica rientrava spesso l’uso della foglia d’oro combinata con tonalità tipiche dagli affreschi. Piacevolezza.

Charles Prendergast, The Offering, c. 1915–1917

Rising sun, 1912

Rites of spring

Angels

Leon Bakst, il costumista e scenografo dei Balletti Russi

“In ogni colore ci sono sfumature che a volte esprimono sincerità e castità, a volte sensualità e persino brutalità, a volte orgoglio, a volte disperazione. Può essere… trasmesso al pubblico… Questo è quello che ho cercato di fare in Scheherazade. Sul verde triste ho messo il blu, pieno di disperazione… Ci sono rossi solenni e rossi che uccidono… Un artista che sa trarre vantaggio da queste proprietà è come un direttore d’orchestra…” – Leon Bakst.

LÈon Bakst (1866-1924)

Léon Bakst, vero nome Lev Samoilovich Bakst, (1866- 1924) è stato l’artista ebreo russo che ha rivoluzionato il design teatrale sia nelle scene che nei costumi. I suoi progetti per i Balletti Russi , soprattutto tra il 1909 e il 1914, erano fantasiosi,innovativi e straordinari, e la sua arte influenzò la moda e il design di interni. Fu i primo designer russo a diventare famoso in tutto il mondo, anche come pittore, ritrattista, maestro dell’illustrazione di libri e riviste, come designer di interni e creatore di alta moda negli anni ’10, vicino alle case di moda di Paquin,Chanel e Poiret .

Si interessò alle arti visive fin dalla tenera età, anche se il suo primo tentativo,a 16 anni, di ottenere l’ingresso all’Accademia delle arti di San Pietroburgo fallì. Dopo un anno di ulteriori studi, fu accettato nel 1883 e lì strinse un’amicizia duratura con uno studente più grande, il pittore Valentin Serov . Nel 1887, quando Bakst presentò per un concorso scolastico una Pietà che mostrava le familiari figure bibliche – Maria, con gli occhi cerchiati di rosso, e i discepoli – come ebrei poveri, le autorità scolastiche si scandalizzarono e lo espulsero.

Produsse una varietà di illustrazioni per riviste e libri per bambini, e nel 1890 fu presentato ad Alexandre Benois e alla sua cerchia, un gruppo conosciuto informalmente come i “Nevsky Pickwickians”. Come membro di questo gruppo, Bakst incontrò Serge Diaghilev e altri che avrebbero influenzato la sua arte e la sua vita. Durante i primi anni novanta dell’Ottocento Bakst viaggiò in Europa e tra il 1893 e il 1896 visse a Parigi e studiò all’Académie Julian e con Jean-Léon Gérôme . Dopo aver completato gli studi a Parigi e ulteriori viaggi, è tornato in Russia. Fece parte di un gruppo di artisti che formarono il movimento “Mondo dell’arte” e con Diaghilev e Benois fondò l’ omonima rivista (1898–1904). I membri del movimento tentarono, attraverso articoli, conferenze e mostre, di educare il pubblico russo sulle tendenze , i movimenti e le questioni artistiche.

Sotto l’influenza di Savva Mamontov , artista, industriale e mecenate, Bakst e altri del gruppo si interessarono alla produzione teatrale . Bakst iniziò a progettare scenografie agli inizi del 1900, prima all’Hermitage Theatre. Mentre era impegnato in produzioni teatrali, espose anche il suo lavoro in un’enorme mostra itinerante di arte russa organizzata nel 1906 da Diaghilev. Nel 1909 Bakst andò a Parigi, dove iniziò a disegnare scenografie e costumi per la neonata compagnia di balletto di Diaghilev .

Jean Cocteau e Diaghilev

Balletti Russi

La prima produzione della compagnia che venne chiamata Balletti Russi era un programma misto con brani di opere e balletti russi, con musiche e ballerini russi. Per questo programma, Bakst disegnò le spettacolari decorazioni e i costumi per Michel Fokine di il balletto Cléopâtre del 1909, originariamente chiamato Une Nuit d’Égypte. Con le sue innovazioni nell’abbigliamento e enfatizzando il modello orientale, fornì la base per le future stravaganze dei Balletti Russi, e Bakst divenne così il principale scenografo della compagnia. A questo successo fece seguito un altro, fornendo scenografie e scenografie per il popolarissimo Le Carnaval e il balletto Schéhèrazade (entrambi del 1910).

di Bakst per il balletto “Scheherazade”

Costume da Eunuco di Scheherazade di Rimsky-Korsakov

Ida Rubinstein e Vaclav Nijinsky, Scheherazade, 1910

Il balletto russo ha avuto un enorme successo soprattutto in Francia e Gran Bretagna, e un’influenza significativa non solo sulla coreografia, ma anche sullo sviluppo dell’arte mondiale nel suo complesso. Le “Stagioni” divennero una sintesi della creatività nel suo insieme: danza, musica, recitazione, scenografia e costumi. Il lusso dei costumi di Lev Bakst creò una domanda in Europa per tutto ciò che era esotico, russo e orientale, del resto, questi echi sono arrivati sino a noi nelle collezioni delle case di moda, che prendono spunto dalle sue creazioni.

Bakst: Costume per Potifar nel balletto La leggenda di Giuseppe

Bakst: Frontespizio del programma Souvenir per i Balletti Russi

L’opulenza dei colori e dei tessuti delle scenografie e dei costumi sono state le caratteristiche del suo stile divenuto poi inconfondibile; lui cercava l’unità tra musica, pittura e arti plastiche, e questo ha contribuito al potente impatto emotivo sul pubblico. Bakst ha inoltre progettato decorazioni e costumi per Le Spectre de la rose e Narcisse (entrambi del 1911) e per L’Après-midi d’un faune e Daphnis et Chloé (entrambi del 1912), e disegnò costumi per Les Papillons (1912) e La Legende de Joseph (1914)

Leon Bakst, costume per il balletto Narcisse di Nicolas Tcherepnine

costume per una baccante in Narcisse di Tcherepnin.jpg

scenografia per il balletto di Debussys Apres-midi dun faune , 1912

Vaslav Nijinsky nel balletto The Afternoon of a Faun di C. Debussy

Attraverso queste e altre opere, Bakst raggiunse la fama internazionale; i suoi disegni audaci e i colori sontuosi combinati con dettagli molto raffinati influenzarono enormemente i tessuti e la moda dell’epoca. Il critico A. Levinson dichiarò: “Parigi era davvero ubriaca di Bakst”.

Tamara Karsavina, balletto L’uccello di fuoco, 1910.

costume di Léon Bakst per L’uccello di fuoco di Igor Stravinsky all’Opera di Parigi, 1910

Dopo il 1912 la sua influenza e la sua partecipazione ai Balletti Russi iniziarono a scemare mentre Diaghilev era alla ricerca di nuovi artisti. A Bakst, tuttavia, non mancava il lavoro, avendo stretto amicizia con celebrità come le ballerine Anna Pavlova e Ida Rubinstein , che avevano formato le proprie compagnie, e continuò a disegnare scenografie e costumi per il teatro come libero professionista. Il suo penultimo progetto per i Balletti Russi fu la produzione del 1917 di Les ​​Femmes de bonne humeur. Sebbene Bakst fosse stato incaricato di progettare una produzione futura, Diaghilev rifiutò i suoi disegni, e i due,che avevano litigato spesso e si erano riconciliati più volte, posero fine alla loro amicizia nel 1919.

Fotografia di Léon Bakst con la ballerina Olga Spessivtseva, 1921, Inghilterra. ©Victoria and Albert Museum, Londra

Bakst fu incaricato nel 1921 di progettare la produzione londinese de La Bella Addormentata di Pyotr Ilyich Tchaikovsky e questo è stato il suo ultimo lavoro importante. Visitò gli Stati Uniti nel 1922-1923, dove progettò un teatro privato (restaurato nel 1990) per Evergreen House (ora Evergreen Museum and Library), la casa a Baltimora del magnate e diplomatico delle ferrovie John Work Garrett.

Costume design per la Guardia del Re, dalla Bella Addormentata

Disegni di costumi per Pamina e Monostatos in Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart

Costume da ninfa per il balletto The Afternoon of a Faun di C. Debussy, 1912

Costumi per l’opera Sadko di N. Rimsky-Korsakov, 1917

Scenografia per l’opera Il martirio di San Sebastiano di Gabriele DAnnuzio, 1922

Léon Bakst morì a Parigi il 27 dicembre 1924. L’artista fu sepolto nel cimitero di Batillion insieme a sua sorella e sua nipote.

Leon Bakst ,Autoritratto