vetrina fotografica: Michel Kirch dalla medicina alla fotografia

“C’è sempre un sottile equilibrio tra un essere racchiuso in un vasto spazio aperto e un essere che trova la libertà dentro di sé”, dice Kirch. “È la sfida dell’esistenza umana, il vincolo che dà senso alla propria vita. “.

Michel Kirch (27 settembre 1959) è un fotografo francese nato a Metz in una famiglia di artisti; la madre, è un rinomato soprano lirico che ha cantato anche alla Scala di Milano. Suo padre, Albert Kirch, rabbino, poeta e combattente della resistenza, ha ottenuto il premio per il canto dal conservatorio di Metz.
Contemporaneamente agli studi musicali, Michel si iscrive alla Facoltà di Medicina di Strasburgo. Divide poi la sua vita tra carriera medica e grandi viaggi iniziatici: un anno nel Sahara tra i popoli nomadi, quattro mesi con i beduini del Sinai, un’estate su un peschereccio da Santander, tre anni nella Bassa Galilea, scanditi da soggiorni episodici al kibbutz di Masada (Valle del Giordano), un anno a Tel Aviv e un inverno solitario nell’Alto Atlante. Proprio durante questi viaggi scopre la fotografia. Le sue prime fotografie sono il mezzo per memorizzare situazioni e paesaggi nella mente dello scrittore itinerante.
Ha esposto in pubblico per la prima volta nel 1998, alla fine del suo anno sahariano, all’Espace Canon per una mostra dal titolo “Jeux de sable”. La sua esperienza in Israele lo porta a sviluppare due temi dove le notizie politiche si fondono con l’espressione poetica: “Old Jaffa’s Dream” e “Beyond the Wall”.
In ogni sua serie fotografica l’uomo è al centro dell’azione, il nucleo da cui si innesca l’universalità e contemporaneamente il dualismo del rapporto tra sé e il mondo circostante, anche nelle composizioni più concettuali, esasperate.
Inoltre ogni serie è legata alla precedente e alla successiva per creare una continuità con cui sviluppare il significato più profondo del tema.
Michel Kirch compone opere di grandi dimensioni dove il mondo reale e tangibile si fonde con l’ espressione dell’immaginario; in questo equilibrio sensoriale è possibile intravedere i contorni dell’Assoluto.

Le sue costruzioni fotografiche sono una sofisticata complessità estetica;
nel corso degli anni, l’artista raffina il suo stile e abbandona la fotografia a colori a favore della monocromia. “Il bianco e nero”, spiega, “mi costringe ad andare dritto al punto. Mi piace anche la sensualità di questo complesso monocromo”. Nelle sue opere i neri più profondi esplodono sotto la luce abbagliante dei bianchi, come un’eco del gesto della creazione quando Dio ha separato le tenebre dalla luce.
Non sono testimone di ciò che vedo, sono testimone di ciò che sono“,.

Spesso nelle sue composizioni compare un uccello, metafora della leggerezza, libertà di volo. Anche un’eco lontana delle belle fughe dell’artista quando era bambino.

“Ciascuna delle mie opere non è mai totalmente ansiosa o gioiosa. Queste due forze si completano sempre a vicenda, come riflesso dell’armonia del mondo ”

una buona dose di misticismo si coglie già dagli scatti postati in questa vetrina. Per chi volesse ampliare la conoscenza lascio qui il link al suo sito: https://www.michelkirch.com/