Quand(t)o si parla di cuore

Questa non è certo una critica, ma una personale riflessione sull’argomento più trattato fra post e commenti in rete e mi riferisco ovviamente all’amore, ormai declinato in tutte le sue varianti di attuale modernità. Chi pare al settimo cielo per averlo trovato, chi da buon ottimista è convinto sia “per sempre”, chi dice che l’amore vero non esiste, ed eternamente insoddisfatto ne è comunque sempre in palese ricerca. Già in passato esimi pensatori, poeti e scrittori han descritto con sublimi versi il sentimento perno di vita e ancor oggi vengono scritti testi a riguardo di estrema bellezza che aiutano a comprendere l’universo del cuore. Ma tornando al presente desideravo sottolineare la moltitudine di pagine-blog ove fiumi di aforismi scorrono in sequenza, tanto per sottolineare e catturare uno stato d’animo più o meno momentaneo; in verità ce ne sono alcuni di acuta originalità, altri fanno sorridere, altri si prestano bene come placebo per ogni situazione vissuta.
Già, ma il punto sta proprio lì, nella situazione personale, nel vissuto di ognuno che si fonda su esperienze diverse e necessita di specifiche riflessioni ed attenzioni; mi vien da pensare che molte persone che postano solamente rosei selfies e aforismi tendano a trattare con troppa facilità un sentimento così profondo, su cui ci sta benissimo qualche spiritosa battuta e qualche frase fatta, ma non ci si dovrebbe fermare solo a tale contenuto che diviene peraltro nauseabondo. A mio parere sarebbe un bene parlarne meno e viverlo più consapevolmente, considerando non solo gli altrui errori ma soprattutto i propri.
Si massifica tutto oggigiorno, e fa tristezza vedere che anche l’amore spesso viene ammassato in un calderone ove è sufficiente amalgamare i lessicali ingredienti per sentirsi già meglio…chissà se tale metodo per qualcuno funziona poi davvero, per quanto mi riguarda avrei già da obiettare sulle parole di quel tale che diede vita all’ormai proverbiale “mal comune, mezzo gaudio”…

– Daniela Cerrato, 2017

Ernst Klimt, “Francesca da Rimini e Paolo”
Ernst Klimt - Francesca da Rimini e Paolo

Autore: Daniela

https://ilmondodibabajaga.wordpress.com/ email: danycer@fastwebnet.it

22 pensieri riguardo “Quand(t)o si parla di cuore”

  1. Come sempre, parlare di meno e fare di piú.
    Non c’è menzogna piú crudele del mal comune e mezzo gaudio: per quale motivo il dolore o l’infelicità di qualcuno dovrebbe alleviare il mio? Per non sentirmi solo? Ma al contrario se so che altri soffrono soffro di piú anche io, non fosse altro perché vedo il dolore cosí presente ed ubiquitario.

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    1. 😉 sei ben lontano dall’affrontarlo con superficialità, la singola battuta non scontata fa parte del nostro quotidiano e talvolta è utile per sdrammatizzare una seriosità eccessiva; l’essenziale è metterci sempre del “proprio” in ogni considerazione e non avvalersi solo di frasi preconfezionate

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  2. mi dico che scrivendo parlo d’amore sempre, ma non ne parlo mai
    e penso spesso che non è manco un centro di gravitazione affettiva o del movimento cosmico
    allora comincio a parlare d’altro. e se ci trovo amore forse sta lì il senso e non è manco una direzione, mentre ti pare di odiare questo o quello, di gioire o intristirti, di annoiarti o d’aver cura della vita e delle vite; e altro…

    un commento fuori senno, forse
    molto a getto
    se fosse una fontana aperta all’improvviso avrebbe più ragioni di me
    ma lo lascio così

    buona domenica, Daniela

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    1. un commento spontaneo e gradito, quando si scrive può capitare di arrivare a parlare indirettamente d’amore, oppure può capitare il contrario, di volerne parlare ma di faticare ad esprimere correttamente e in maniera esaustiva tormento o gioia del cuore. allora si abbandona l’idea…la si lascia decantare ancora un po’ in attesa di liberare le parole adatte…Buona notte Dora

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    1. non disdegno l’utilizzo di frasi di personaggi più o meno illustri se usate con parsimonia e in una precisa collocazione; ciò che intendevo era l’uso a getto continuo di aforismi per esprimere uno stato d’animo del momento, come mi è capitato di vedere qualche sera fa su un blog.

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  3. Ecco, il tale che ha inventato il proverbio “mal comune, mezzo gaudio” è uno a cui penso spesso, mi piacerebbe prima o poi incontrarlo e percuoterlo selvaggiamente con una verga 🙂
    Scherzi a parte, credo che il nocciolo della questione che giustamente sollevi sia la superficialità conclamata della cosiddetta opinione pubblica, caratteristica in costante e paurosa crescita. Tutti si sentono in diritto e in dovere si esprimersi su tutto, finendo per masticare sempre le solite opinioni trite e ritrite e il consueto ventaglio di frasi stucchevoli, che nel caso specifico non superano la profondità di un incarto di bacio Perugina. O forse sono io che mi inganno e mi lascio fuorviare da una percezione distorta, perché (come sosteneva fra gli altri anche Umberto Eco, sempre sia lodato) una diffusa tendenza a sciorinare banalità superficiali è sempre esistita nei più, solo che pochi di essi avevano accesso a strumenti di diffusione di massa.
    In sintesi, non posso che trovarmi d’accordo con te: meno contemplazioni estatiche del proprio o di altrui ombelico, e più vita vera e vissuta. Che poi, se raccontata, a posteriori, risulta di gran lunga più apprezzabile.

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    1. a me pare che con la diffusione della tecnologia si è manifestata maggior banalità. Troppi provano desiderio di “apparire” in qualche modo pur se non hanno nulla da dire o mostrare; s’è persa l’umiltà di riconoscere che spesso è meglio tacere e/o rimanere in ombra per riflettere un po’ di più e delle emozioni d’amore riconoscerne una bellezza più intima.

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      1. Anche questa potrebbe essere una buona spiegazione. Forse, quando avere visibilità comportava un certo costo, chi arrivava ad ottenerla poneva maggiore attenzione all’uso che ne faceva.
        Di fronte alla possibilità di “apparire” senza alcuno sforzo, ormai, tacere e riflettere sta diventando una virtù in disuso.

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      2. esattamente, e aggiungo che anche i programmi tv son diventati per la maggior parte contenitori di faccende “private” spiattellate in pubblico, per questo non sento il bisogno di seguirla, è tutto un rotocalco scandalistico gossipparo che ha superato ogni limite di decenza

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      3. Ah, per quello, non solo sono pienamente d’accordo, ma è da un pezzo che ho fatto ciao con la manina alla tv generalista 🙂
        Grazie alla pay tv ho una vasta libreria di ottimi film e produzioni seriali fra cui scegliere, da non sentire il bisogno o la mancanza d’altro (tant’è vero che ho rinunciato fin da subito al digitale terrestre).

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      4. certo, però è vergognoso che una tv pubblica abbia solo una minima percentuale (ridicola) di spazi dedicati alla cultura… la dice lunga sulle dirigenze che sottostanno solo più ai servizi della pseudopolitica malata

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      5. La dice lunga sulle dirigenze, ma (temo) anche sui gusti del pubblico. Il che vale pure in ambito editoriale, volendo allargare il discorso.
        (Si capisce, sì, che non ho molta stima del mio consimile teleutente/lettore medio? 😉 )

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